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DCA - Distrurbi del Comportamento Alimentare

"..La complessità dei Disturbi del Comportamento Alimentare-DCA (dall’Anoressia nervosa,alla Bulimia e al Binge Eating, DCA-OB) e dell'Obesità richiedono una particolare struttura assistenziale rappresentata dal Team Approach Multidisciplinare (TMD). Un TMD efficiente è quello in cui ogni Professionista della Salute esercita il suo ruolo in un area disciplinare e di specifica competenza, in cui non necessariamente può essere un esperto formato a 360°. Non può quindi ogni membro operare da solo e tutti hanno bisogno della collaborazione l’uno dell’altro e si trovano nelle medesime condizioni per l’ interazione e per l’ integrazione. Pertanto nel TMD le modalità di lavoro dei singoli professionisti devono favorire l’interazione ed integrarsi per il profitto del paziente che ha un ruolo centrale e deve essere guidato e indirizzato nei differenti momenti dell’iter terapeutico...". 

 

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie psichiche complesse che incidono negativamente sul corpo e sulla vita relazionale. Per coloro che soffrono di questi disturbi, l’isolamento e il silenzio sembrano le uniche risposte rimaste a disposizione per esprimere il disagio. La volontà e il buon senso non bastano per uscirne. Il conflitto tra corpo e mente può esprimersi in forme articolate e, spesso, estreme; quando si cronicizza, segna fortemente il corpo e la vita delle persone. I disturbi del comportamento alimentare sono malattie trattabili che frequentemente coesistono con altri disagi quali depressione, abuso di sostanze, disturbi d’ansia (possono manifestarsi anche attacchi di panico) e pluridipendenze. I disturbi alimentari riguardano fasce d’età sempre più ampie, dall’infanzia fino alla maturità. L’esordio della sintomatologia è tipicamente adolescenziale (14–18 anni), ma sempre più di frequente si registrano forme infantili precoci (8-9 anni) o tardive (dopo i 25 anni fino ai 40 anni ed oltre).

 

In Italia i disturbi del comportamento alimentare colpiscono tra le 150 e le 200 mila persone e sono la prima causa di morte nelle giovani tra i 12 e i 25 anni (fonte: SISDCA, Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, 2009). Il problema è diffuso soprattutto nei paesi industrializzati e colpisce le adolescenti e le giovani donne in misura superiore rispetto a quella dei maschi, anche se si sta assistendo a un aumento dell’incidenza  negli uomini. Il fenomeno è da inserire in un quadro ampio e più complesso rispetto a quello del singolo individuo. La componente sociale gioca un ruolo importante e può spiegare la progressiva diffusione di questi disturbi, tanto da riferirsi a essi spesso come a una vera e propria “epidemia”. 

 

Queste patologie si collocano, infatti, in un’area di confine tra soggettività corporea e mentale e gli effetti che storia, vita sociale e politica hanno sul corpo. I modelli pubblicitari e televisivi sollecitano una sorta d’insoddisfazione per il proprio corpo, proponendo il confronto con chi sembra incarnare perfezione corporea, lusso, successo. In un contesto socio-culturale consumistico e disgregato il proprio corpo diventa così uno strumento manipolabile e plasmabile, simbolo di autocontrollo, di realizzazione e sicurezza di sé, senza che si colga la portata distruttiva del comportamento alimentare.

 

A generare un disturbo del comportamento alimentare, comunque, concorrono cause di tipo multifattoriale, vale a dire complesse interazioni tra fattori biologici, psicologici, individuali e familiari (assetti psichici della famiglia, presenza di eventi traumatici come abuso fisico e sessuale, ecc.), culturali (miti della bellezza/magrezza, cultura della competizione e del successo). Fattori o eventi specifici – come separazioni, perdite, eventi di vita stressanti, abitudini alimentari scorrette – possono far precipitare la situazione e sbilanciarla in senso psicopatologico. Attraverso la ricerca dell’ideale di magrezza, della perfezione e del controllo della realtà viene coltivato un illusorio sostegno mentale dell’identità.

Il sintomo permette a chi soffre di questi disturbi di percepire la propria identità come più integra e stabile e permette di definire sé stesso in base alla patologia da cui è affetto:“sono anoressica”, “sono bulimica”.

 

Questi disturbi sono definiti anche “disturbi della dipendenza”. La difficoltà di stabilire relazioni con l’altro porta il soggetto ad instaurare una relazione privilegiata con il cibo. Spesso dunque lo sviluppo di un disturbo alimentare è preceduto da un disagio delle relazioni. Le modalità di relazione oscillano tra uno stile di legame ansioso-dipendente, che suscita notevoli angosce di confusione con l’altro, e misure relazionali opposte di rifiuto ed evitamento difensivo. Allo stesso modo la dipendenza dal cibo è caratterizzata da un’alternanza tra digiuni, crisi bulimiche e pratiche di svuotamento che ripete a un livello concreto la difficoltà di trovare la “giusta distanza”, dall’altro.

 

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